A colazione con Jas - "Il pericolo di un'unica storia" di Chimamanda Ngozi Adichie

"Il pericolo di un'unica storia" è stato il mio ultimo acquisto prima della quarantena.
Sì, lo so, siamo nel 2020 ed esistono gli acquisti online, di cui tutti voi avrete usufruito senza risparmiarvi. Ma io sono una ragazza all'antica: ho bisogno di girare tra gli scaffali, correre da una parte all'altra attirata dalle copertine e dai titoli, aprire un libro, sfogliarne un altro, impazzire perché potrei spendere in una botta sola lo stipendio di un mese (e invece mi trattengo)...
Con i libri ho bisogno di fisicità. Con voialtri no.




Chiudiamo questa parentesi sulle mie manie da lettrice e torniamo invece alla lettura: si tratta di un libricino molto sottile, ed è tratto da un intervento dell'autrice ad un Ted Talks, edito in Italia da Einaudi, in una di quelle belle edizioni che sa fare questa casa editrice, pulite, pochi elementi, colori neutri, eleganti... Avete presente, no?
Il suo contenuto si sviluppa in una ventina di pagine, in pratica il tempo di uscire dalla libreria, fare qualche passo e la vostra lettura è finita.
E allora perché vale la pena leggerlo? Perché con queste poche pagine dà moltissimo spunti per riflettere e mette in discussione il nostro punto di vista.

Chimamanda Ngozi Adichie (se vi suona familiare è perché si tratta della stessa autrice de “Americanah”, che trovate recensito qui) come sempre brillante, ci mette in guarda dal nostro modo di vedere la realtà. 
Quello che trovo molto coinvolgente e stimolante è il fatto che l'autrice si mette in discussione in prima persona e ci spiega, in modo semplice e diretto ma con grande intelligenza, situazioni quotidiane che vengono “smascherate”. Ci chiede di uscire dai nostri panni per poter cercare una storia nella sua completezza.

Durante il periodo di isolamento appena terminato, ho riflettuto su quello che stava accadendo e su come quest'evento veniva raccontato. E sono d'accordo con l'autrice a dire che non esiste un'unica verità, ma che questa è composta, complessa, formata da più livelli, e soprattutto che va analizzata da più angolazioni. Ognuno di noi basa la propria visione su esperienze e conoscenze accumulate e su quello che percepiamo dal mondo: il rischio è, ovviamente, di conoscere solo una parte della storia, un'unica versione che diventa la principale e viene adottata da tutti.

Gli esempi riportati da Adichie sono diversi e relativi all'ambito familiare, forse il primo ambiente dove si costruiscono i dettagli degli stereotipi che poi ci influenzano (fino a quando non riusciamo a riconoscerli).
Un esempio, che a sto punto ho paura sia comune in qualunque paese del mondo, riguarda il cibo. L'autrice racconta che, come tutti i bambini, anche lei da piccola si è trovata a non voler finire la cena (ricordo che viene da una famiglia della classe media nigeriana). I genitori per convincerla hanno fatto quello che evidentemente fa qualunque genitore: ricordare che ci sono persone meno fortunate di noi (“i poveri”) che non hanno tutto quel cibo a disposizione!
Il risultato è stato la costruzione di uno stereotipo che vedeva questo personaggio, il "povero", come una persona incapace di qualunque azione, senza cibo/vestiti/casa e assolutamente bisognoso dell'aiuto di chi, come noi, possiede mezzi e capacità per poter migliorare la sua situazione. In poche parole di chi può salvarla. 
Ovviamente, crescendo, la Adichie ha capito che la situazione è più complessa, che la povertà è una condizione che può colpire chiunque, ma che non identifica la persona (o un continente intero, come nella visione dell'Africa in occidente), confinandola in una categoria a tenuta stagna.

Siamo tutti vittime e, allo stesso tempo, costruttori di narrazioni incomplete, il più delle volte in modo inconsapevole, proprio perché non conosciamo altre storie se non quella che nasce dal nostro punto di vista. Ne siamo totalmente immersi. E allora che fare?

L'autrice ci suggerisce una possibile soluzione: uscire da quell'unica narrazione, metterla in discussione, per rendere la realtà più completa.
È un po' come quando dobbiamo dipingere un quadro, e guardiamo la scatola dei colori per riempire la tavolozza: se vediamo e usiamo solo il bianco e il nero, il nostro quadro mostrerà solo questi colori e le loro possibili, ma limitate, combinazioni. Se, al contrario, riusciamo ad inserire tutti gli altri (blu, rosso, verde, giallo, etc), il nostro dipinto potrà avere sfumature che altrimenti mancherebbero, risultando più pieno, completo al nostro occhio.

Questa lettura mi ha spinto ad analizzare la narrazione di questo evento straordinario che ha colpito il mondo intero: ho pensato a come ogni singolo Paese ha deciso di raccontare la pandemia, quale narrazione ha adottato, come ha parlato dell'emergenza e come questo abbia influito non solo nell'immaginario collettivo, nella percezione della quotidianità dei singoli individui e nel modo di vivere, ma anche nel modo di affrontare la situazione stessa e nella sua risoluzione.
E quando ci penso, mi sorprendo del potere che hanno le parole.
"Le storie sono importanti. Molte storie sono importanti. Le storie sono usate per espropriare e per diffamare. Ma le storie si possono usare anche per dare forza e umanizzare. Le storie possono spezzare la dignità di un popolo. Ma le storie possono anche riparare quella dignità spezzata."

In una visione più leggera, anche la colazione è una storia da raccontare, soprattutto se la facciamo a casa... 
La mia storia è composta da prodotti che rappresentano le scelte alimentari fatte negli ultimi anni. 
Preparo il pane in casa, ne faccio tante piccole pagnottine che sono ottime monoporzioni. So che in molti durante l'isolamento si sono cimentati in cucina, io lo faccio da qualche anno perché mi piace lavorarlo, sperimentare di volta in volta e scegliere ogni singolo ingrediente (questo è alla curcuma con semi di lino). 

Ho dovuto sostituire il latte vaccino con altre bevande, e ormai sono affezionata a quella di avena
La marmellata... che ve lo dico a fare! Homemade! Anche in questo caso la fantasia non manca: mele e chiodi di garofano, che si accompagna bene con del formaggio fresco di capra.
Quando ho finito, passo alla frutta e poi chiudo con un caffè, a cui aggiungo una punta di cannella.... (la passione per le spezie è un affare di famiglia).


La mia storia d'amore col cibo del mattino si conclude così. Aspettiamo di leggere le vostre storie d'amore per libri e colazioni!




Dimenticavo! 
Se invece di leggerlo volete ascoltare direttamente l'intervento dell'autrice, potrete vedere il video di Ted Talks a questo link:

Come anche “Dovremmo essere tutti femministi”, altro video (o saggio) consigliatissimo, che trovate qui:


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