Recensione a quattro mani - "La luna e i falò" di Cesare Pavese



Affrontiamo Pavese
Cosa avremo mai noi due da dire su questo pilastro della letteratura italiana? Niente, rispetto a critici e studiosi che hanno esaminato a raggi X ogni sua virgola, scrivendone pagine e pagine di analisi.

Vorremmo portarvi solo l'entusiasmo della riscoperta, anche perchè lui, Cesare, non ha bisogno di presentazioni.

Tutti pensano: "Eh, che palle Pavese!" perché costretti negli anni della scuola a farci su "La Scheda Libro", temi o tesine. Il solo sentirlo nominare provoca peli irti ed espressioni di oVVoVe. 
Per grazia di Fede, l'ha sempre evitato in qualche modo, per Jas invece no, è passione proprio.

Fede, grazie al blog sente di poter esplorare autori che ha sempre schivato o cui non ha mai prestato attenzione, un mettersi in gioco e concedere nuove possibilità a scrittori marchiati dalla disapprovazione scolastica. Pavese per Fede è stato uno di quelli. 

Jas si è sempre chiesta cosa pensano le persone quando lei ne parla, con un entusiasmo che sembra esagerato (ma parliamo dello stesso pesante autore?)... Eppure per lei, sin dalla prima lettura alle medie, è stato amore. All'epoca capiva che c'era molto di più nei suoi scritti, ma non riusciva a comprendelo a pieno.
Oggi, dopo molte riletture (e molti anni di distanza!), ha compreso meglio tanti aspetti di questo scrittore.

Con il romanzo che è considerato il suo capolavoro, "La luna e i falò", sicuramente ritroviamo tutti quelli che sono considerati i temi pavesiani, che non solo caratterizzano i suoi lavori, ma la sua stessa figura di uomo. 

Sicuramente di Pavese colpisce questo profondo senso di inquietudine e ricerca continua, estrenuante quasi, di qualcosa che però non è ben definito. Un senso di estraniamento che pervade ogni pagina e ci accompagna fino alla fine del libro, dal confronto con l'amico, con i paesani, con i luoghi: orgoglio piemontese, la ricerca di radici, un posto che non c'è da chiamare casa.

 "(…)io stesso, se di quella riva fossi stato padrone, l’avrei magari roncata e messa a grano, ma intanto adesso mi faceva l’effetto di quelle stanze di città dove si affitta, si vive un giorno o degli anni, e poi quando si trasloca restano gusci vuoti, disponibili, morti."

Il senso di appartenenza, di non appartenenza. Il tornare in luoghi familiari e valutarne cambiamenti e sconvolgimenti dopo aver girato il mondo.
"Era un paese troppo grande, non sarei mai arrivato in nessun posto. Non ero più quel giovanotto che con la squadra ferrovieri in otto mesi ero arrivato in California. Molti paesi vuol dire nessuno."
Memorie di viaggi tanto lontani, essere andati così lontani senza trovare un posto dove fermarsi e fare casa, a cosa serve?
Ancora, il confronto con l’amico Nuto che all’epoca sembrava già grande; ora che anche lui è un uomo formato e ha fatto esperienza, può sentirsi suo pari. Ma come capita a tutti, quando si ritrovano conoscenti del passato si rimane attacati all’immagine della memoria, si fa fatica a vedere la persona che sta davanti agli occhi. 

E la campagna piemontese, che sembra, agli occhi del lettore contemporaneo, un mondo completamente diverso, fatto di contadini legati alla terra, al lavoro, alla proprietà. Un mondo di tradizioni, che non è mai cambiato. E che il protagonista, al suo ritorno, vede in modo diverso, come tutti gli emigrati che tornano al paese.

E poi c'è il linguaggio. Un linguaggio che non è sicuramente quello corrente. 
Fede si deve fermare e cercare le parole, chiedendosi spesso prima se sian o dialettali o di italiano vecchio o tecnici della campagna. E analizza il suo modo di esprimersi (di Fede), rendendosi conto di quanto sia semplificato il suo modo di parlare nella vita di tutti i giorni (sempre di Fede, mica di Pavese). Non conosce i termini giusti e allora usa giri di parole, non sapeva nemmeno ce ne fossero.
Un linguaggio però asciutto, che la spinge a continuare a leggere.
Jas, forse perché l'ha letto molte, trova il suo linguaggio in qualche modo familiare (o saranno i termini che rimandano al dialetto piemontese a darle questo sensazione?). Sicuramente non odierno, legato ad un tempo e ad un territorio specifico, gli anni del dopoguerra in Piemonte. Anche il modo in cui viene raccontata la vicenda contribuisce al senso di inquietudine e spaesamento, ci dipinge le sensazioni di contrasto provate dal protagonista di ritorno al paese natale. E anche la sua reazione ai comportamenti e avvenimenti che ormai non gli appartengono più. 
E poi c'è l'inglese, una lingua altra che si mescola con l'italiano, col dialetto, col modo di pensare e di scrivere di Pavese. Jas immagina che sia stato strano, per un lettore al tempo della pubblicazione, trovare queste frasi, questi dialoghi che chissà in quanti avranno capito, in un'Italia da ricostruire. 

Piccola nota finale: Jas e Fede hanno utilizzato due edizioni differenti, quindi durante le riunioni telefoniche  c'erano conversazioni tipo "Oh, ma citiamo questa frase a pagina 18?" "Ma dove? Ma chi? Ma io non ce l'ho!" e seguiva uno sfogliar di pagine alla ricerca della frase. Cose divertenti. 
Per ragion di cronaca, Jas ha un Oscar Mondadori edizione 1974, Fede un Einaudi Tascabili del 2006.

Questo libro lo abbiamo associato ad una colazioni insieme, Jas e Fede, a Milano, da Gogol and Company, una libreria-caffetteria molto particolare.
La nostra colazione, ad un orario molto vacanziero, è stata piuttosto classica: cappuccino per entrambe (classico per Jas, con orzo e soya per Fede), croissant superburroso e pane e marmellata. Il dehor, in questo periodo, ci ha permesso di stare fuori e godere delle temperature autunnali. 

Oltre alle colazioni dolci, offrono anche possibilità salate come bagel, crostoni e formaggi o salumi, e poichè l'orario di chiusura è (di solito, dpcm esclusi) le 22, potete gustarle anche la sera, e sì si beve anche e si beve bene! Per me (Fede) la chicca è l' hummus! Attenzione: probabilmente in questo periodo il menù è stato modificato, quindi se andate ora troverete qualche differenza!

E' una bellissima realtà in una zona di Milano leggermente periferica, offre libri e spunti alternativi, un angolo ricco dedicato alle pubblicazioni per bambini, ma soprattutto: ha un intero scaffale solo per il Giappone data la passione dei proprietari per questo paese. In tempi normali organizza eventi, corsi, esposizioni d' arte, presentazioni di libri, ed è sempre difficile accaparrarsi un posto! Una realtà creata e portata avanti con amore, alla quale auguriamo il meglio in questi tempi funambolici. 


Se abitate a Milano, vi consigliamo un passaggio da Gogol and Company, parlateci con i librai, sapranno ben consigliarvi!







Per saperne di più su Gogol and Company:

Per saperne di più su Cesare Pavese:

Commenti

  1. Sono tra le (s)fortunate che non ha mai letto per motivi di studio un'opera di Pavese, dovrò recuperare anche questo...! In più condividete un sacco di posti carini. visiterò al più presto Gogol&Company!(mi regalate sempre tanti stimoli nuovi!)

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    1. Dai, tu che sei a Milano, devi, devi!! Anche per Pavese, anche Fede non ha avuto modo di incontrarlo a scuola...ma bisogna dargli una possibilità!!

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