A colazione con Jas - "Amatissima" di Toni Morrison e la caffetteria Dal Tiepolo

Questa colazione l'ho passata in compagnia di mia sorella, che si è divertita a fare le foto (e a farsele fare... ma se date un'occhiata, capirete che il locale dove siamo state si presta benissimo ai selfies).



Il bar in questione è la nuova caffetteria Vergnano “Dal Tiepolo, nell'omonima via a Torino: una zona tranquilla, lungo corso Dante, dove troverete il Centro Storico Fiat, prima sede dell'azienda, e il Condominio 25 Verde, il palazzo con gli alberi per intenderci, “il primo esperimento di bioarchitettura ecosostenibile in città”.


Ma parliamo del bar e della colazione!

La caffetteria è veramente bella. Si presenta con uno stile e dei colori molto vivaci e moderni (piastrelle nero lucido, muri bianchi e alcune pareti con carta da parati stile tropicale). Il locale all'interno ha due spazi piuttosto ampi, uno con il bancone e una seconda sala con alcuni tavoli. Anche gli arredi si alternano tra il gusto retrò e quello moderno. Per gli appassionati, una nota estetica che ho apprezzato molto: la macchina del caffè Belle Epoque Elektra, che si rifà appunto ai primi modelli di macchine da bar. Fuori c'è ancora spazio per il dehor su strada (poco trafficata). Sullo staff solo note positive: molto gentili e disponibili.

Che cosa abbiamo mangiato? Io ho preso il cappuccino, molto buono, e un croissant al pistacchio. Mia sorella ha fatto quella che definirei una “colazione da campioni”: cappuccino e croissant anche per lei, mezzo tramezzino (prosciutto e formaggio) e succo d'arancia... Credo avesse fame.


Una nota sul prezzo: siamo nella media. Perché ne parlo? Beh, dopo la quarantena, con la ripresa delle attività abbiamo dovuto affrontare anche i conti, e ho sentito polemiche rispetto all'aumento dei prezzi di alcuni prodotti o servizi.

Questa caffetteria ha davvero lanciato una sfida alla situazione attuale della città: è stata inaugurata dopo la quarantena, in un momento di forte incertezza. Per me è la prova che con la giusta combinazione di strategia e lavoro si possono affrontare anche momenti come questo.




E ora il romanzo che ho voluto abbinarci.

Già dalla copertina, di un rosso acceso, si può intuire che sarà una lettura impegnativa, appassionata e che richiede uno spirito forte... Di quale libro sto parlando?

Amatissima”, di Toni Morrison, edito da Frassinelli. Lei è una grande autrice americana, premio Pulitzer con questo romanzo e premio Nobel per la letteratura. Quanti titoli!

Vi dirò... Dopo averlo letto, secondo me, sono tutti meritatissimi.

Amatissima si apre cosi:

Sessanta milioni

o più

Al lettore medio che fino a due minuti prima non sapeva manco chi fosse l'autrice (Presente!), queste parole lasciano molta perplessità. Che cosa intende la scrittrice? Di che parla? Mi sono persa qualche avvenimento importante che rimanda a questo numero?

La risposta è sì, e la troviamo subito: il libro parla di schiavi e di schiavitù, ma stavolta dà voce a chi la schiavitù l'ha subita.

Vorrei tirarmela dicendo che sia una lettura studiata, visto quello che sta succedendo nel mondo (il movimento Black Lives Matter e le riflessioni sull'eredità del passato coloniale in molti paesi)... La verità è che si tratta di una (triste) coincidenza: ho prenotato il libro in biblioteca a febbraio, ma con l'emergenza sanitaria e la chiusura di tutti i servizi mi è stato consegnato solo a fine maggio. Sicuramente è una lettura che aiuta a comprendere il momento storico che stiamo vivendo ed è un punto di vista diverso da quello a cui siamo abituati.

Tornando alla citazione, quel numero indica le vittime del Middle Passage, la traversata delle navi negriere che solcarono l'Atlantico tra il Cinquecento e l'Ottocento. Toni Morrison, per raccontare questa storia, si basa direttamente sulle autobiografie di ex schiavi fuggiti dalle piantagioni del sud, le cosiddette slave narratives.

Già dalle prime righe si intuisce che uno dei grandi protagonisti del romanzo è il dolore: la lettura è faticosa per il tema trattato, per le immagini che vengono evocate, per il linguaggio utilizzato, quasi che fossero i personaggi stessi a parlare (e complimenti per il lavoro di traduzione, che immagino non sia stata per niente facile); allo stesso tempo non si riescono a staccare gli occhi dalla pagina, per quanto sia coinvolgente e intenso.

Il racconto non si presenta lineare, all'inizio dà un senso di confusione e un crescendo di tensione: i protagonisti vivono le vicende del loro presente e le mescolano con il passato, ci sono molti rimandi a eventi e ricordi carichi di dolore, sofferenza e rancore; ci sono i non detti, appena accennati, che aiutano chi legge ad intuire dettagli e particolari. E sono questi accenni che ci introducono alla tragedia su cui poggia tutta la storia dei personaggi principali.

Sethe, così si chiama la protagonista, è una schiava in una piantagione del Kentucky e si presenta come una donna forte che, per salvare i propri figli dal destino di schiavi, tenta la fuga con tutta la famiglia.

Il racconto è tratto da un fatto di cronaca del 1855: Morrison si è basata sulla storia di una schiava che ha tentato di scappare e nella fuga, quando intuisce che sarà ricatturata, uccide la figlia per evitarle la schiavitù (ammetto che sono rimasta sconvolta e allo stesso tempo mi sono chiesta quanta disperazione deve esserci per commettere un gesto di questo tipo, che sarà comunque migliore dell'esistenza a cui sarebbe stata condannata: credo che non ci siano parole per commentare).

Nel caso di Sethe sarebbero dovuti scappare insieme di notte (i due bambini Howard e Buglar, una neonata, Beloved, e un'altra figlia in grembo, Denver, oltre al marito Halle). La loro destinazione sono gli stati del nord, dove la suocera Baby Suggs vive grazie al figlio che l'ha riscattata dalla condizione di schiava per darle una vecchiaia libera. Ovviamente diversi ostacoli mettono a repentaglio il piano, e segneranno tutta la vicenda di Sethe e della sua famiglia.

Oltre al dolore e agli orrori della schiavitù che fanno da sfondo, il romanzo è caratterizzato dai sentimenti che i protagonisti provano gli uni per gli altri e dalle relazioni e conflitti che intrecciano: amore che si mescola alla possessione, al rancore, alla malinconia, alla paura continua. E sono soprattutto le figure femminili del racconto che ci consegnano il peso della loro condizione di donne e schiave e degli abusi, dei ricordi, delle loro sofferenze, ma anche la volontà di riscatto e di liberazione, non solo dalla schiavitù.

La passione per le lingue mi porta a segnalare ancora un dettaglio. Il libro si chiude con una frase che, in inglese, gioca sul significato:

"it was not a story to pass on"

Dalla nota del curatore leggiamo che la frase può avere un doppio significato: da un lato la si può interpretare come“non era una storia da tramandare” e dall'altro all'opposto, “non era una storia da ignorare”; emerge così un messaggio molto forte, che questa è una storia che “è impossibile, e colpevole, sia raccontare sia dimenticare.” [p.400]

Perdonatemi se tronco così la recensione, so che rischio di sembrare molto superficiale nel parlare di questo libro e dei diversi temi che tratta, ma non voglio svelare di più.

L'unica cosa che mi sento di dire è: leggetelo, ne vale davvero la pena!



Per approfondire:

Caffetteria Vergnano Dal Tiepolo:

https://www.facebook.com/daltiepolo/

"Beloved", 1998, versione cinematografica: 

https://www.mymovies.it/film/1998/beloved/


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