Diamo il benvenuto a Luca, assistente sociale appassionato di libri, che ci offre la sua recensione di "Carrie" di Stephen King. In questi giorni di isolamento in molti si stanno dedicando alle loro passioni e noi crediamo che sia stimolante poterle condividere (almeno virtualmente).
Non ci resta che ringraziare Luca e... augurare buona lettura a voi!
HO INIZIATO A LEGGERE
STEPHEN KING IN QUARANTENA del resto, ognuno si sta inventando
delle cose da fare in questo periodo, perciò mi sono detto: perché
non iniziare a leggere la letteratura dell’amatissimo (e
decantatissimo) King?
E così mentre gli altri
continuavano a sfornare pizze e a pubblicare video di workout
domiciliari, io mi sono messo buono buono a leggere Carrie di
Stephen King.
Ecco le mie doverose
premesse: Carrie è il primo e attualmente l’unico romanzo di
King che abbia mai letto, perciò non riuscirò a paragonarlo agli
altri libri dell’autore. Sembra che bloggers e booktubers di tutto
il mondo siano d’accordo sull’acerbezza della scrittura di
King in questo romanzo. Ma io, non potendolo sapere, sono riuscito ad
apprezzarlo benissimo lo stesso (sono un po’ come il calabrone che
“non lo sa e vola lo stesso”).
Secondo, ho scelto Carrie
banalmente perché si tratta del primissimo romanzo dell’autore. Ad
aiutarmi a scegliere questo libro ci ha anche pensato la splendida
edizione della Bompiani (Classici Contemporanei) con la copertina
metà lucida e metà opaca e l’immagine di Carrie imbevuta nel
[spoiler!] sangue di maiale, presa direttamente dal film del 1976.
Insomma, il mio fetish da
copertine poteva dirsi soddisfatto.
Ultimissima premessa:
qualche spoiler lo faccio di sicuro, ma penso che la storia di
Carrie sia già ampiamente conosciuta al pubblico (insomma, il libro
già mostra il finale in copertina...).
Il personaggio di
Carrie viene inizialmente presentato al lettore come la vittima
perfetta, o il classico underdog, con cui empatizzare e per
cui fare il tifo: infatti, al di là dell’essere vittima di
specifiche persone, si può pensare a Carrie come il più generale
fallimento di un sistema sociale che non l’ha protetta dal
crescere con una madre sessuofoba e dai deliri fanatico-religiosi e
del risultato di un sistema scolastico che, al meglio, tenta
di punire il bullismo (in ritardo e solo parzialmente) e, al peggio,
pecca grandemente nel preservare le vittime.
Nell’evoluzione della
storia in Carrie si schiude il seme della ribalta: la ragazza infatti
scopre di possedere straordinari poteri paranormali. L’autore
persegue sostanzialmente due strade: la prima è la strada del
riscatto positivo di Carrie, che gradualmente comincia a
valorizzarsi, che vuole andare al ballo della scuola con un ragazzo
che le piace, che comincia a concepire se stessa distaccata dal
rapporto morboso con sua madre. E’ chiaro che un vero riscatto
potrebbe realizzarsi solamente con la riqualificazione di Carrie agli
occhi della società (rappresentata dai compagni di scuola) e ciò
starà per realizzarsi quando verrà nominata reginetta del ballo
scolastico [ehm.. spoiler?]. Ed è proprio quando viene riconosciuta
non solo come parte della società al pari degli altri, ma
addirittura al di sopra di essi, che subisce l’ultima, definitiva,
squalifica; a questo punto non resta che la seconda strada: quella
della vendetta e della distruzione.
L’introduzione di
questo elemento si discosta dal concetto karmico positivo che seguono
alcune storie (ovvero, personaggi che hanno sopportato terribili
ingiustizie possono finalmente accedere a situazioni o cose
positive), bensì King abbraccia totalmente un concetto di
ingiustizia così grave da non poter causare altro che una vendetta
che non solo non porta sollievo, ma causa morte e distruzione per
tutti. Infatti la devastazione che seguirà sarà così grande da
segnare il destino della cittadina stessa per molti anni a venire.
I poteri di Carrie hanno
le caratteristiche di un’arma il cui grilletto è azionato
inizialmente dallo stress causato dai traumi vissuti. Su quel
grilletto King riesce bene a posizionarci anche il dito del lettore,
che non vede l’ora che Carrie si faccia giustizia.
E, inutile a dirsi, è
esattamente ciò che finisce con l’accadere.
L’aspetto religioso
e rituale non solo permea la relazione morbosa tra Carrie e sua
madre, bensì torna sistematicamente nella storia - nella sua più
gloriosa accezione negativa - attraverso gli episodi
traumatici vissuti dalla protagonista. Carrie infatti quando scoprirà
di aver appena avuto il suo primo ciclo mestruale sarà vittima delle
sue coetanee, le quali la umilieranno attraverso una lapidazione
metaforica attuata tramite il lancio degli assorbenti nello
spogliatoio della scuola.
Una lapidazione
letterale, invece, ci viene descritta attraverso il ricordo della
madre di un episodio avvenuto anni addietro: nel tentativo di
difendersi dagli abusi della donna, in qualche modo Carrie è
riuscita all’età di tre anni ad attrarre sulla loro casa una
pioggia di pietre.
Infine, il celeberrimo
episodio del ballo scolastico (e qui do per scontato che tutti
sappiano ciò di cui sto parlando) richiama l’aspetto più basilare
della ritualità pagana: il sacrificio da attuare attraverso il
sangue. Un sacrificio agito col sangue di maiale ma che
simboleggia in realtà la morte della parte umana della protagonista
(della Carrie “buona”) e la trasformazione nell’anti-eroe
(Carrie “sguardo di satana”, com’è stata ribattezzata dal
cinema italiano). Il passaggio da vittima a carnefice.
Nella storia inoltre il
fattore religioso trova anche un’importante declinazione del
concetto di peccato presentato al lettore nella duplice
lettura del “peccato originale” dell’uomo (o il “peccato
che non muore mai”, come dice la madre di Carrie), originato
dalla carne e per sua natura inevitabile, rappresentato dalla
concezione che la madre della ragazza ha delle sue prime mestruazioni
(viste come prova di impurità) e della nascita stessa di Carrie
(concepita attraverso il peccato e per questo non degna di esistere).
La seconda visione è quella del peccato generato dalle scelte
dell’individuo, legato al rimorso e al tentativo di
porre rimedio, rappresentato da Sue, una delle ragazze che
inizialmente partecipa agli atti di bullismo a scapito di Carrie,
salvo poi pentirsi e tentare di supportare la ragazza nel tentativo
di riscatto positivo. Tra l’altro, si tratta di un peccato che non
verrà mai pienamente espiato, nonostante, se non
esplicitamente da Carrie, Sue riuscirà a ricevere una risoluzione
delle proprie azioni attraverso il giudizio di una futura giuria, che
la riterrà innocente dei fatti accaduti. Infatti, al termine della
storia, Sue, nonostante venga risparmiata dalla furia di Carrie, si
ritrova permeata da un lugubre senso di colpa, tale da spingerla a
trasferirsi in qualche posto lontano dove nessuno la possa conoscere
per riflettere in solitudine su quanto accaduto, come in una sorta di
purgatorio.
Una delle caratteristiche
più interessanti di questo libro è che si tratta di un romanzo
meta-narrativo, ovvero la storia di Carrie viene presentata
attraverso fonti diverse: King infatti alterna punti di vista
differenti alla semplice narrazione, utilizza articoli di giornali,
estratti di libri, referti medici, articoli scientifici, deposizioni
e testimonianze, in un gioco che, se a volte appare macchinoso, nel
complesso ha il notevole pregio di rendere più avvincente
l'incalzare degli eventi. Ed è sin dalle prime pagine, attraverso la
meta-narrazione, che molti elementi del finale vengono rivelati
parzialmente, dalla strage del ballo della scuola alla morte di
alcuni personaggi. Ciò determina sin da subito la nascita della
suspense nel lettore, che sente ad ogni pagina l’inesorabile
avvicinarsi di un evento terribile e dirompente. King riesce
benissimo nel gestire le anticipazioni senza togliere pathos
all'evolversi della storia e, anzi, anche quando il finale appare
ormai certo e inevitabile, il lettore spera comunque fino all’ultimo
che Carrie possa avere il suo lieto fine.
Un’ultima nota la riservo alle tematiche relative al femminismo che si trovano nel romanzo. Infatti, Carrie è soprattutto una storia di donne: dall’evoluzione della protagonista e il suo tentativo di affermazione (e poi di vendetta) tramite il proprio potere, agli altri personaggi femminili, positivi (come Sue e Miss Desjardin, l’insegnante di ginnastica) e antagonisti (la madre di Carrie e Christine, la persecutrice delle aggressioni a scuola). Gli uomini hanno quasi sempre un’accezione negativa e spesso afferenti ad una mascolinità tossica: dal preside della scuola che mostra l’incapacità di consolare Carrie dopo l’aggressione subita negli spoiatoi perché in imbarazzo nel sentir parlare di assorbenti e ciclo mestruale, a Billy (il ragazzo di Christine) che viene presentato come un vero e proprio sociopatico, la cui tendenza criminale viene sfruttata da Christine per punire Carrie, al padre stesso di Carrie, il cui ruolo e le cui azioni nella storia vengono sostanzialmente ridotti ad una violenza sessuale esercitata sulla madre della ragazza. L’unico uomo a scampare da queste caratteristiche è Tommy, il ragazzo che invita Carrie al ballo: ed è proprio a causa della sua distanza dal modello predominante di mascolinità (la sua capacità di mostrare sensibilità ed interesse verso i sentimenti di Carrie) che sale con la ragazza sul palco per essere incoronato re del ballo e diventare, suo malgrado, la prima vittima della strage.
Ora: fidatevi che leggere
il libro è un’esperienza molto diversa rispetto a vedere le
trasposizioni cinematografiche tratte da questa storia (il film
del 1976 e, molto peggio, il remake del 2013), anche solo per il
fatto che in entrambi i casi il finale di discosta dall’originale
e, soprattutto, la strage della cittadina di Chamberlain è mille
volte più devastante (e spettacolare) nelle pagine scritte.
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