Se siete in zona Porta Nuova a Torino, e magari dovete prendere il treno, uscite dalla stazione, infilatevi sotto i portici a sinistra che da Piazza Carlo Felice introducono in via Roma. Ecco, il ristorante Brek si trova proprio su questo lato.
La parte caffetteria è composta da un lungo bancone che espone croissant, focaccine e brioches salate, oltre ad altri prodotti per comporre la vostra colazione. Ha un delizioso dehor nel cortile interno e una saletta giusto dietro la caffetteria.
Di solito c'è coda, ma non allarmatevi: le persone che ci lavorano, oltre ad essere gentilissime (sarebbero da premiare solo per questo!), sono anche molto veloci.
Come mai la coda? Hanno ideato una formula colazione molto conveniente: dal lunedì al venerdì potete pagare 1,50 euro per caffé o cappuccino e croissant o focaccina. Se invece volete il menù completo (che include una spremuta d'arancia all'elenco), il prezzo è di 3 euro.
Come dicevo, vale davvero la pena per il personale: io li adoro. Accolgono chiunque sempre col sorriso e sono disponibilissimi, oltre che molto attenti. E devo dire che le volte che ho avuto modo di scambiarci qualche parola, sono stati anche molto simpatici.
La qualità della colazione? Direi buona. La scelta è abbastanza varia, sia per il dolce sia per il salato. Il caffè che utilizzano non è tra i miei preferiti, devo essere onesta. Ma come dicevo, sono stata conquistata da altro!
In un contesto internazionale come quello della stazione ci vuole un'autrice di fama mondiale: Virginia Woolf, uno dei pilastri della letteratura inglese.
Se hai avuto una buona insegnante di lingua inglese alle scuole superiori, prima o poi devi confrontarti con lei. E se poi continui a studiare lingue all'università, immagino che la ritroverai al corso di letteratura inglese. Almeno questo è quello che ci si aspetta. La verità è che se io l'ho letta solo ora, è perché non l'ho mai incontrata prima.
Se hai avuto una buona insegnante di lingua inglese alle scuole superiori, prima o poi devi confrontarti con lei. E se poi continui a studiare lingue all'università, immagino che la ritroverai al corso di letteratura inglese. Almeno questo è quello che ci si aspetta. La verità è che se io l'ho letta solo ora, è perché non l'ho mai incontrata prima.
Sono sempre stata convinta che leggiamo certi libri quando loro ci chiamano, c'è un tempo giusto per incontrarli. Dobbiamo essere pronti ad accogliere il messaggio che ci vogliono lasciare: ecco che io e Virginia ci siamo incontrate solo adesso.
"Una stanza tutta per sé", nell'edizione della Guaraldi del 1995 (curato da Mistrulli), è un inno alla libertà: ognuno di noi dovrebbe avere uno spazio dove potersi esprimere senza alcun giudizio esterno.
Partendo dalla domanda: "perchè scrivere romanzi?", l'autrice ci dà un ritratto lucido della condizione femminile del suo tempo... E con grande dispiacere devo ammettere che per certi aspetti dobbiamo ancora lavorare tanto!
Ora, prima di continuare, vi prego di fermare tutti i pregiudizi che stanno affiorando nelle vostre menti. Credetemi quando dico che chi si ferma all'immagine stereotipata della femminista incazzata che brucia reggiseni in piazza e urla slogan, non ha capito niente del femminismo e non ci ha nemmeno provato. Quindi fate a voi un favore: aprite le orecchie, la mente e il cuore prima di sbuffare o alzare gli occhi al cielo con fare annoiato.
In questo saggio l'autrice saltando da una divagazione (o interruzione esterna?) all'altra, in modo davvero brillante, parte dalle mancanze materiali che le donne sentono per poter scrivere romanzi, per arrivare a descrivere i maggiori punti che portano a diseguaglianze sociali, culturali, economiche e politiche all'interno della società tra uomini e donne, e come la condizione di vita femminile nel tempo abbia influito sulla liberta di espressione e creazione intelletuale delle donne.
In questi brevi capitoli illustra la differenza di concezione del mondo femminile e del trattamento riservato alle donne, il forte giudizio totalmente maschile (l'interruzione esterna) che influenza, giudica, decide senza tenere conto della persona, del suo pensiero.
In maniera molto semplice, porta ad esempio il fatto che in diverse discipline, scientifiche e umanistiche, le donne siano uno dei temi principali dei libri scritti dagli uomini: la donna amata, oggetto d'amore, mistificata, la donna come oggetto di studio psicologico, questo essere frivolo e superficiale, la cui funzione principale è supportare l'uomo nelle sue (importanti) imprese, oppure la donna procreatrice, importantissimo cardine della società in quanto madre. Tutti danno un giudizio (il più delle volte tendente al negativo) di cos'è una donna, senza tenere conto della donna stessa. Inoltre, in questa carrellata, Woolf fa notare che le donne non scrivono libri sugli uomini (o meglio, alla sua epoca non accadeva).
Questo punto devo dire mi ha fatto riflettere, per quanto la situazione sia per certi aspetti migliorata. Giochiamo ad essere "tuttologi", soprattutto quando non sappiamo, esprimiamo giudizi sugli altri e sul modo di pensare, di agire, sulle scelte che fanno. Senza metterci nei loro panni, senza sentire la loro voce. Siamo giudici indiscussi. E ci lamentiamo quando riceviamo lo stesso trattamento.
In modo altrettanto intelligente, l'autrice analizza le conseguenze negative che questa condizione presenta, non solo dal lato femminile, ma chiamando l'attenzione anche sui danni che il mondo maschile subisce da una battaglia di generi che non può essere che nefasta per entrambi i fronti.
E allora qual è la soluzione? Essere "androgini", almeno per riuscire a scrivere bene. Riporta un bell'esempio di chi è riuscito a non far emergere un lato o l'altro sulle proprie opere: Proust, con fare sensibile ma allo stesso tempo razionale, nella sua Recherche riesce a descrivere un mondo, ci lascia un'opera di grande importanza letteraria e un bellissimo modello di come la parte femminile e la parte maschile che è in ognuno di noi possano, senza prevalicare l'uno sull'altra, farci dare il massimo nell'espressione dei nostri talenti.
"Ed è proprio quando ha luogo questa fusione [delle parti] che la mente diventa pienamente fertile e può fare uso di tutte le sue facoltà. Forse una mente che è pienamente maschile non riesce a creare, allo stesso modo di una mente che è pienamente femminile."
Partendo dalla domanda: "perchè scrivere romanzi?", l'autrice ci dà un ritratto lucido della condizione femminile del suo tempo... E con grande dispiacere devo ammettere che per certi aspetti dobbiamo ancora lavorare tanto!
Ora, prima di continuare, vi prego di fermare tutti i pregiudizi che stanno affiorando nelle vostre menti. Credetemi quando dico che chi si ferma all'immagine stereotipata della femminista incazzata che brucia reggiseni in piazza e urla slogan, non ha capito niente del femminismo e non ci ha nemmeno provato. Quindi fate a voi un favore: aprite le orecchie, la mente e il cuore prima di sbuffare o alzare gli occhi al cielo con fare annoiato.
In questo saggio l'autrice saltando da una divagazione (o interruzione esterna?) all'altra, in modo davvero brillante, parte dalle mancanze materiali che le donne sentono per poter scrivere romanzi, per arrivare a descrivere i maggiori punti che portano a diseguaglianze sociali, culturali, economiche e politiche all'interno della società tra uomini e donne, e come la condizione di vita femminile nel tempo abbia influito sulla liberta di espressione e creazione intelletuale delle donne.
In questi brevi capitoli illustra la differenza di concezione del mondo femminile e del trattamento riservato alle donne, il forte giudizio totalmente maschile (l'interruzione esterna) che influenza, giudica, decide senza tenere conto della persona, del suo pensiero.
In maniera molto semplice, porta ad esempio il fatto che in diverse discipline, scientifiche e umanistiche, le donne siano uno dei temi principali dei libri scritti dagli uomini: la donna amata, oggetto d'amore, mistificata, la donna come oggetto di studio psicologico, questo essere frivolo e superficiale, la cui funzione principale è supportare l'uomo nelle sue (importanti) imprese, oppure la donna procreatrice, importantissimo cardine della società in quanto madre. Tutti danno un giudizio (il più delle volte tendente al negativo) di cos'è una donna, senza tenere conto della donna stessa. Inoltre, in questa carrellata, Woolf fa notare che le donne non scrivono libri sugli uomini (o meglio, alla sua epoca non accadeva).
Questo punto devo dire mi ha fatto riflettere, per quanto la situazione sia per certi aspetti migliorata. Giochiamo ad essere "tuttologi", soprattutto quando non sappiamo, esprimiamo giudizi sugli altri e sul modo di pensare, di agire, sulle scelte che fanno. Senza metterci nei loro panni, senza sentire la loro voce. Siamo giudici indiscussi. E ci lamentiamo quando riceviamo lo stesso trattamento.
In modo altrettanto intelligente, l'autrice analizza le conseguenze negative che questa condizione presenta, non solo dal lato femminile, ma chiamando l'attenzione anche sui danni che il mondo maschile subisce da una battaglia di generi che non può essere che nefasta per entrambi i fronti.
E allora qual è la soluzione? Essere "androgini", almeno per riuscire a scrivere bene. Riporta un bell'esempio di chi è riuscito a non far emergere un lato o l'altro sulle proprie opere: Proust, con fare sensibile ma allo stesso tempo razionale, nella sua Recherche riesce a descrivere un mondo, ci lascia un'opera di grande importanza letteraria e un bellissimo modello di come la parte femminile e la parte maschile che è in ognuno di noi possano, senza prevalicare l'uno sull'altra, farci dare il massimo nell'espressione dei nostri talenti.
"Ed è proprio quando ha luogo questa fusione [delle parti] che la mente diventa pienamente fertile e può fare uso di tutte le sue facoltà. Forse una mente che è pienamente maschile non riesce a creare, allo stesso modo di una mente che è pienamente femminile."
Quindi, tornando alla domanda inziale, perché le donne dovrebbero scrivere romanzi? L'autrice considera il romanzo un genere letterario ancora libero, non strutturato dal (e per il) pensiero maschile, che si presenta come ancora modellabile a seconda di chi ci avvicina.
E inoltre, se interrotte, possono riprendere il filo senza troppe difficoltà. E' ancora così?
Sinceramente credo nella libertà di espressione di ognuno di noi, non importa se uomo o donna, l'importante è che ci sia un profondo rispetto per ognuno, senza danneggiare o prevalicare, senza tentare di schiacciare o eliminare. C'e posto per tutte e tutti, se lo vogliamo.
Brek:
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