A colazione con Fede - Scivolare su una buccia di Banana

Kitchen a confronto
"Kitchen" di Banana Yoshimoto
Forse il primo libro di autori giapponesi che abbia mai letto.

Da sempre quando mi piace qualcosa mi ci butto a capofitto. Ascolto le stesse canzoni fino a farmi odiare da chi mi sta intorno (ma condividiamo, perchè usare le cuffie?), la cioccolata fino a farmi venire il mal di pancia e per quanto riguardo gli scrittori, ne ricerco tutto il leggibile. Così successe quando incontrai per caso Banana Yoshimoto in un'antologia di scuola di mia sorella maggiore. A quei tempi avevo forse 12 anni, il mio unico accesso ai libri era la biblioteca comunale. Lì, presi tutto quel che potevo. Ma in ogni caso massimo tre titoli alla volta. Mi conquistò il linguaggio semplice e diretto, pulito. Non avevo mai letto libri così. Nelle sue storie c'era sempre un fondo di oscurità, la morte che aleggiava, la solitudine...ma i protagonisti nonostante vivessero situazioni di abbandono andavano comunque avanti. Questa era la mia impressione, questo mi piaceva e calamitava la mia voglia di leggere, sempre di più.
Andando avanti con gli anni mi disamorai dei suoi romanzi, mi sembrava si ripetessero tutti uguali, mi stupiva la sua produzione eccessivamente prolifica.
 Ma Kitchen rimane sempre uno dei miei preferiti.
L' ho anche acquistato in originale. Cerco di leggerlo tenendomi accanto la traduzione. Ah, ecco perchè ho iniziato a studiare giapponese!! Volevo tradurre, scovare le parole giuste per la mia lingua madre. E pensavo un giorno avrei voluto ringraziarla di persona per aver influenzato la mia decisione di studiare questa lingua tutta strana. Per il principio che se chiedi la vita risponde (prima o poi) , qualche anno fa alla Feltrinelli era ospite proprio lei, Banana. Dopo aver fatto tuuuutta la coda per l'autografo, trovandomi finalmente al suo cospetto...ho scordato tutto il giapponese studiato e balbettando un tremolante "Arigatō gozaimasu"  me la sono filata. Che balenga!

Parliamo di Kitchen:
Dopo la morte della nonna, ultimo membro rimasto della sua famiglia, la protagonista viene "adottata" da un  compagno di università e da sua madre. Qui trova il suo rifugio, ha il tempo di riprendersi, rielaborare quanto sta vivendo, e dopo un periodo di incubazione, ritrovare la sua autonomia attraverso la cucina, l 'atto di cucinare. La trama non è che abbia colpi di scena pazzeschi, ma è quel genere di libro che leggo per la scorrevolezza. Alcuni libri li leggo perchè mi prende la trama e le svolte continue, altri per la piacevolezza della scrittura.
Per me le parole chiave sono queste: solitudine, morte, sopravvivenza e ricreazione, rinascita, famiglia, legami tra gli esseri umani. Il concetto di famiglia in questo libro è molto fluido e creativo, non sarebbe potuto essere trattato così in Italia. Chi ha letto o leggerà Kitchen capirà a quale personaggio mi riferisco.
Ho vissuto nel libro il processo di isolamento e auto ricreazione, dall' annullamento, al riaversi e ritrovare un punto fermo, nonostante tutto. Nonostante tutto c'è il lieto fine. Lo voglio, lasciatemeli questi lieto fine!!
Chiude il volume un piccolo racconto, "Moonlight Shadow" anche qui un contatto con la morte, con il paranormale, ma senza paura, anzi, sa di liberazione.
Un luogo che sento adatto a questo libro è la Teiera Eclettica, un bel negozio di te da tutto il mondo con annessa sala per gustarli. E' un luogo speciale, in cui si può ritrovare la tranquillità grazie ai gestori e allo staff che vi lavora.
Posso venire qui a cercare di tradurre o leggere Kitchen in tranquillità, e se credete che bere un te fuori casa sia immergere una bustina in acqua calda tirata via della macchina del caffè, scansatevi proprio (e comunque il caffè non lo fanno qui!) .
Qui si fanno le cose per bene: hanno cura dell' infusione tramite l'utilizzo di te di qualità, acqua in bottiglia (scusatemi, lo so, non è ecologica come soluzione, ma l'acqua di Milano non è il "toooop" ), tempi cronometrati con timer, tazze meravigliose, e loro sono semplicemente unici.
Torte ne abbiamo? Ovviamente, anche al matcha! Biscotti? Non mancano. Insomma, viene proprio voglia di intrattenersi in questa luogo meraviglioso, facile da amare. Il menù è composto da pagine e pagine di tè, viene riportata la provenienza e una breve descrizione, così da avere già in mando una piccola guida. Ma lasciatevi consigliare da Barbara e Steve, se vi sentite troppo indecisi.
Inoltre organizzano volentieri eventi che girano intorno alla cultura del te', ma non solo! Lo spazio della sala è grande abbastanza da ospitare presentazioni di libri o laboratori. Inutile dire che le loro iniziative sono sempre molto apprezzate!

Vi invito a visitare il loro sito e la loro pagina facebook:

https://www.teieraeclettica.it/

https://www.facebook.com/LaTeieraEclettica/

Quando leggo un libro tradotto, mi viene sempre da chiedermi: se mi piace un libro il merito è solo dello scrittore, o forse anche del contributo del traduttore?
Alla fine traduttrice non lo sono diventata, ma è pur sempre qualcosa che mi sta a cuore.

al tavolo Giappone

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